lunedì 6 settembre 2010

INTERVISTA A DERRICK DE KERCKHOVE, GURU DEI NUOVI MEDIA

Voce autorevole del dibattito internazionale sulle nuove tecnologie della comunicazione, Derrick de Kerckhove è direttore del McLuhan Program in Culture and Technology e docente di Sociologia della cultura digitale e di comunicazione, marketing e pubblicità, all’Università degli Studi di Napoli.
Linda De Feo
 
Il rapporto con lo schermo del computer estende notevolmente, come lei ha sottolineato ne La pelle della cultura, i poteri individuali di “immaginazione, concentrazione e azione”. Quali sono le influenze delle nuovissime tecnologie sulla configurazione delle modalità del consumo?
Il consumo è solo un aspetto della globalità in cambiamento. Sono molto interessato al presente, ma devo assolutamente confessare che non so ancora a che cosa assomiglierà la totalità che muta. Stiamo attraversando una fase, abbastanza avanzata, di transizione in cui le categorie di consumo e profitto divengono progressivamente più fluide. La connettività, la partecipazione cognitiva, sempre più condivisa, ha inglobato i consumatori nelle fasi di progettazione dei prodotti. Il rapporto con lo schermo del computer costituisce una strana estensione della coscienza, capace di interconnettere tutti con tutti. Lo schermo informatico ha reso possibile, per la prima volta, la diffusione dell’interazione mediatica tra numerosissime intelligenze, che contemporaneamente mettono in gioco identità, gusti, tendenze, preferenze, e che si esprimono in modo sempre più forte e definito.
Come muta l’organizzazione mentale dell’individuo immerso nella pratica costante dell’interattività, che connette senza pause il pensiero soggettivo a quello collettivo?
Prima di tutto una caratteristica che cambia è l’ipertestualità, vale a dire il fatto che, grazie alle tecnologie interattive, non solo abbiamo un accesso alla nostra memoria e alla nostra coscienza, ma abbiamo anche un accesso, sempre più veloce e sempre più pertinente, all’informazione, alla teleazione praticabile, al “telecomando”. I soggetti instaurano un rapporto ipertestuale con l’informazione. Google, Wikipedia e altri strumenti di ricerca ci dicono che il digitale è il contenuto cognitivo di quello di cui abbiamo bisogno. Vivere costantemente nell’interattività significa essere immersi non solo in una realtà aumentata, ma in una coscienza, una cognizione aumentata. Ritengo che sia opportuno rivalutare Teilhard de Chardin e il suo concetto di noosfera. La massa pensante, adombrata dal pensiero teilhardiano, formata dall’insieme dei pensieri individuali fluttuanti al di sopra della biosfera, si sta realizzando compiutamente nella concretezza del vissuto quotidiano. I vari modi di interattività tra i soggetti, e tra i soggetti e l’ambiente, sono intelligentissimi, e producono cambiamenti molto veloci sul piano della politica, del mercato, della coscienza. L’unico modo per superare la perdita dell’identità è un ancoraggio al corpo fisico, una riscoperta della dimensione organica, che rimane ineludibile: non siamo smaterializzati affatto, perché se lo fossimo saremmo anche morti. Il solo punto di riferimento è tattile, propriocettivo. L’interattività realizza una nuova modalità di proiezione elettronica del sistema nervoso, l’estensione appunto della valutazione tattile. Anche se emergono prodotti digitalizzati, la resistenza della materia continua a essere pertinente, come dicevano i filosofi francesi della fine del secolo scorso. Il rapporto di vita è organico, biologico.
Il pubblico sperimenta inedite modalità di creazione delle forme di rappresentazione e partecipa all’invenzione di sistemi di segni. Come appaiono le identità tipiche degli abitanti della Rete, al contempo produttori e consumatori?
James Joyce diceva già: “My consumers aren’t they my producers?”. Alvin Toffler inventava la parola pro-sumer molto tempo prima dell’apparire di Internet. L’identità ibrida proviene naturalmente dalla nuova società, non più dello spettacolo, come era definita da Guy Debord, ma della partecipazione e della conversazione.
Il mondo digitale continua a ridefinire la vita sensoriale degli utenti. Come si configurerà, nel prossimo futuro, la fascinazione e la seduzione delle strategie pubblicitarie?
Le strategie pubblicitarie dovranno innanzitutto contare più sull’esperienza che sui concetti o sulle idee. La loro seduzione dovrà essere più fisica, richiamando il concetto di estetica in senso etimologico e il suo riferimento preciso al termine sensazione, appunto aísthesis. Quando parlo di estetica non mi riferisco mai all’accezione comune del termine, ma evoco, ancora una volta, la dimensione organica.
In che modo si delineano le nuove frontiere del commercio elettronico nell’ambiente esperienziale che rende concreto l’ideale del network paradigm, rappresentato dalla comunicazione diffusa in Rete di ciò che Lei definisce “intelligenza connettiva”?
Sto provando a immaginare una grammatica della Rete e mi piace descrivere quest’ultima come un insieme di cristalli di neve, sempre diversi, di nodi complessi che si formano intorno a varie modalità. Google, Wikipedia, Twitter sono strutture cognitive fondamentalmente differenti, ma affidabili e costanti. L’intelligenza connettiva si configura come i fuochi d’artificio napoletani, permanenti, gli unici al mondo capaci di scoppiettare anche a mezzogiorno. La logica sociale di alcune comunità online accentua la tendenza, rendendola progressivamente più evidente, ad associare i prodotti in base ai gusti dei consumatori.
La Rete utilizza le potenzialità cognitive della connettività e fa emergere la forma del social network in tutta la sua centralità. Come descriverebbe le nuove tipologie di relazioni emergenti dal cyberspace, e in particolare dalle comunità virtuali, organizzate secondo imprevedibili logiche bottom up?
Gli elementi più rilevanti nella dimensione del bottom up sono l’immediatezza della connessione e il crescere della sua pertinenza. Nelle logiche bottom up emerge un ordine molto preciso, non segnato da confini spaziali e temporali, legato a una disponibilità perenne, un permanente essere a disposizione. Si delinea una telepresenza costante, la compresenza di tutto con tutto, un’ubiquità che crea rapporti diversi, non più limitati dallo spazio e dal tempo. Non amo particolarmente Facebook, ma devo riconoscere che si tratta di un fenomeno assolutamente stupendo, costituito da comunità caratterizzate dalla dimensione della gioventù, che creano nuove tipologie di relazioni, così come avviene con Twitter, paragonabile a un sistema nervoso pulsante. Twitter è la comunicazione istantanea tra tutti, è caratterizzato dall’iperlocalismo e al contempo è a disposizione globale. Si sta avverando la previsione di McLuhan, il quale sosteneva acutamente che sarebbe giunta un’epoca in cui tutti avrebbero osservato tutti e avrebbero fatto commenti su tutti.
Attraverso le piattaforme di social software online è molto più facile studiare l’affiorare delle tendenze. Quali sono le attuali forme di applicazione dell’intelligenza connettiva al marketing?
La convergenza dei media, che il marketing comincia a usare per coinvolgere il pubblico in maniera efficace, è una forma di intelligenza connettiva in azione. La promozione, a volte, è paragonabile a un’esplosione improvvisa, ma, in generale, il marketing richiede una collaborazione, facilitata attualmente dall’intelligenza connettiva e dalle varie possibilità di interazione con il pubblico. Il blogging è una forma di marketing molto differente rispetto a quella costituita da un video fruibile su You Tube. La regola d’oro della promozione consiste nel creare comunità. I comportamenti di coloro che si aggregano intorno alle community e alle piattaforme di social network, in cui si consolida il sentimento comunitario tra i consumatori fedeli ad un brand, sono osservabili e analizzabili.
Tra i prodotti di largo consumo ancora diffusi tramite canali tradizionali rientrano anche quelli del mondo dell’editoria. È un settore destinato a trasferirsi interamente in Rete?
Tutto il mondo dell’informazione sarà messo a disposizione sulla Rete, nell’aria cognitiva in cui siamo immersi. Se ci si chiede a che cosa servano il corpo, l’evidenza, l’archivio, l’oggetto materiale, ci si dovrà rispondere che in alcuni casi essi valgono poco, in altri, invece, molto. Non c’è dubbio che alcune industrie non possono più sopravvivere con la stessa efficienza, come, ad esempio, accade per l’industria della carta. È altrettanto indubbio, però, che i libri e i giornali cartacei continueranno ad esistere. Non tutto si convertirà in bit, anzi, l’informatica sta creando nuove forme biologiche e accadrà che il bit si trasformerà in atomo. Lo scambio tra l’analogico e il digitale è permanente, il dialogo tra il fisico e il virtuale è costante. Questo è un segno della coerenza del rapporto tra la realtà e il suo aumento. È un segno del futuro.

Fonte: http://www.b2b24.ilsole24ore.com/articoli/0,1254,24_ART_2899_cmsGDOWEEK,00.html

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