lunedì 30 novembre 2009

THE FUTURE OF MARKETING

In this video from the ANA Annual Conference "Masters of Marketing" in Phoenix, AZ, Eric SchmidtCEO of Google, talks about the future of marketing and the role that technology will play. He believes that location is going to be an important piece of information in every successful marketing campaign, in order to deliver targeted adverising. He also emphasizes the importance of measurements in both the online and off-line world.






sabato 28 novembre 2009

MCDONALD AL VERDE!


Del 27/11
Abbiamo già parlato dei “lovemarks: quei marchi di indiscusso successo che hanno saputo trasformarsi da ‘brandroidi’ (altro neologismo targato Kevin Roberts) in catalizzatori economico-emotivi che si muovono nel contesto della attraction economy. Dà i brividi, esatto. Eppure alcuni brand, supportando una business idea vincente e un management aggressivo con un impianto di comunicazione impeccabile, hanno saputo conquistare il mondo intero. Lo ‘swoosh’ di Nike, la ‘m’ gialla su fondo rosso di McDonald e il logotipo corsivo di Coca Cola sono diventati bagaglio comune proprio grazie a un’immagine coordinata sempre minuziosamente coerente (anche se, come abbiamo già raccontato, alcuni vistose debolezze comunicative hanno affetto anche top brand come Barilla). Ma cosa succede quando in una ‘coppia’ subentra la crisi? Cosa succede quando arrivano la noia, la prevedibilità, addirittura il disappunto e l’insofferenza? Ci sono due alternative: la terapia matrimoniale (che per un lovemark con centinaia di milioni di partner diventerebbe alquanto esosa), o il ‘rinnovamento’, con la speranza di risolvere i problemi.
Nel termometro della attraction economy che è www.lovemarks.com, il marchio McDonald è in rapidodeclino: la percentuale dei detrattori è decisamente superiore a quella di chi riconosce nella prima fast food chain mondiale un lovemark. Senza contare che, sin dalla prima manifestazione antiglobalizzazione del popolo di Seattle, le vetrine di questo marchio sono diventate il bersaglio preferito dei sassi ‘no logo’. Una sconfitta non da poco per una multinazionale che ha fatto della seduzione dei mercati la propria vocazione.
Certe cose non cambiano mai, lo dicevamo all’inizio. E’ una delle basi dell’immagine coordinata. Ma a mali estremi, estremi rimedi: così McDonald rivoluziona la propria identità visiva e sostituisce il proprio colore chiave, il rosso, con il verde.
mcgreen
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giovedì 26 novembre 2009

MARKETING SENSORIALE: UNA NUOVA LEVA!


Quando si parla di olfatto ci si riferisce sempre a forti sensazioni che riguardano l’inconscio, meno razionale rispetto agli altri sensi, più simile ad una scossa elettrica. Tema affascinante, abusato nella letteratura, da Proust a Suskind, può avere non solo un carattere poetico, ma può essere la leva che spinge all’acquisto.Analizziamo proprio questo aspetto, quanto l’odore possa essere considerato fondamentale nella creazione di una strategia di marketing. Allora ci si chiede, com’è possibile registrare e quindi rappresentare graficamente un odore? Proprio questo è il reale ostacolo alla registrazione di un marchio olfattivo. Nonostante ricerche scientifiche provino che la memoria olfattiva sia quella più persistente, che il consumatore riesca a stabilire in maniera immediata il rapporto tra il segno olfattivo e il prodotto che lo identifica, diventa difficoltoso rappresentare un odore graficamente. Ricordiamo la decisione storica della Commissione di approvare la registrazione del marchio olfattivo associando l’odore dell’erba tagliata fresca alle palline da tennis (The smell of fresh cut grass). Dopo questa decisione avvenuta a fine anni Novanta poi è stato sempre più difficile per le imprese registrare marchi olfattivi. Analizzare l’aspetto legale può essere utile per capire come in fondo nonostante limiti e impedimenti pratici le aziende continuino a sperimentare in questo settore.
Il cosiddetto marketing sensoriale sta prendendo sempre più piede, soprattutto in America, dove le aziende sperimentano concentrandosi sulla valorizzazione dei propri punti vendita attraverso la profumazione ambientale. Il presupposto è che il prodotto non può più essere valutato per le sue caratteristiche funzionali, o di affezione al brand, ma deve essere sempre più esperienza di forte impatto emotivo, che coinvolge l’aspetto psico-fisico di chi consuma. Ad esempio Sony che nelle sue 36 boutiques elettroniche diffonde un aroma di mandarino e vaniglia, come cerca di fare anche il suo competitor Samsung. Gli hotel Sheraton avvolgono i clienti con odore di gelsomino, chiodo di garofano e fico. Nei grandi magazzini come Bloomingadale’s in ogni reparto viene diffuso un aroma diverso, talco nell’area neonati, cocco nel reparto mare. Esempi come questo indicano l’utilizzo che molte aziende stanno facendo di un fattore importante come l’olfatto per arrivare dritto al cervello del consumatore, per spingerlo all’acquisto di impulso. Esistono anche casi di insuccesso, come Got Milk, realizzata dal California Milk Board, dove sono stati affissi dei poster profumati a tutte le fermate dell’autobus, sprigionando un forte odore di biscotti al cioccolato. Peccato che ci sono state proteste perché l’odore di biscotti spinge le persone a consumare dolci e merendine e in più può creare problemi ai soggetti allergici. I poster sono stati ritirati apportando un enorme danno all’azienda.
Il marketing olfattivo può essere uno strumento che le imprese potranno utilizzare, all’interno della guerra dei brand, servendosene per attirare il consumatore e spingerlo a scegliere seguendo la propria emotività, ma può essere allo stesso tempo pericoloso se non viene compreso e valorizzato nella sua reale efficacia.
Il marketing olfattivo potrebbe rappresentare anche il futuro sviluppo del marketing e di nuove professioni come quello del Fragrance designer, una figura interessante, un esperto di fragranze che studia profumi su misura, disegna ambienti e si occupa di allestimenti personalizzati.

martedì 24 novembre 2009

RITIRATO LO SPOT CALZEDONIA

Da www.ilmattino.it 


ROMA (18 novembre) - È stato ritirato da tutte le reti televisive nazionali lo spot della Calzedonia prodotto sulle note e col testo dell'Inno Mameli. Lo ha deciso l'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria che ha accolto la denuncia presentata dall'Associazione Difesa Consumatori Sportivi.
A sollevare pubblicamente il caso dello spot dell'azienda veneta era stato il presidente della Provincia di Savona Angelo Vaccarezza: «Alla fine avevo davvero ragione. Lo spot di Calzedonia oltraggiava l'Inno di Mameli ed era un'offesa verso tutti gli italiani. Insomma era una vergogna sentirlo in televisione. Io avevo proposto una soluzione, ma sono rimasto inascoltato e questi sono i risultati. Lo spot è stato sospeso e non può essere messo in onda. Ha vinto l'intelligenza».
Il mese scorso Vaccarezza lo aveva denunciato pubblicamente: «L'inno di Mameli non è uno scherzo. È una cosa seria, sentirlo in un spot per pubblicizzare delle calze da donna è una vergogna». Il suo intervento era presto finito anche nelle sedi parlamentari. Poi l'Associazione Difesa Consumatori Sportivi ha fatto il resto: si è fatta interprete nei giorni scorsi delle rimostranze e dello sdegno di molti cittadini e, avvalendosi della consulenza dell'avvoato Elisa Maria Caltagirone, ha inoltrato denuncia all'IAP per l'immediata interdizione dello spot.



Onestamente non  concordo affatto con questa decisione. Al di là del fatto che lo spot è molto elegante e piacevole, anche se sembrerà banale, ritengo che in televisione ed in pubblicità vengano trasmessi concetti ed immagini ben più gravi. 
Voi cosa ne pensate?

giovedì 19 novembre 2009

ECCEZIONALE VIRAL MARKETING DIESEL


di ANDREA GALTIERI
Finalmente, sono stato anch’io vittima di un ottimo e spietato attacco di Viral Marketing, veramente ben studiato e programmato, ma soprattutto, capace di andare a bersaglio in maniera incredibilmente accattivante e particolare.
Parlo dell’ultimo nato in casa Diesel, nota marca che noi tutti conosciamo alla perfezione. La novità è Quique the Head è il nuovo fenomeno mediatico del momento, concepito dai creativiDiesel per favorire il lancio di una linea di caschi da moto!
La particolarità di Quique? Facile, non ha un corpo, ma solo una… testa! E’ incredibile, la strana sensazione con la quale mi sono trovato a combattere alla prima visione del video: mi trovavo seduto al 
cinema, con il mio super pacco di Pop-Corn (rigorosamente Jumbooo!!) in attesa del mio film ed immerso nei promo che caratterizzano l’enorme, tediante, lunghissima attesa dei trailer pre-film.
Uso o Abuso del Viral Marketing?Improvvisamente, dal nulla, viene lanciato un telegiornale, in lingua (ovviamente) inglese, che annuncia una notizia bomba, una breaking news, ed ovviamente, si parla diQuique.
Qui viene raccontata l’esperienza di
Quique the Head all’anagrafe (si fa per dire!), Enrique Carboni, un ragazzo argentino di 27 anni nato con la sola testa ed il suo più grande sogno è ovviamente quello di possedere un corpo.
Tutto il video è incentrato sulla storia di Quique, apparentemente triste e macabra  ma che invece si scopre incredibilmente ironica e divertente agli occhi dello spettatore, ovviamente aiutato da situazioni tragi-comiche nelle quali il povero ragazzo si trova quotidianamente.
Mi sentivo quasi come sospeso su una sottile linea: ero tra il “sorpreso” e il “divertito”, non sapevo se ridere oppure rimanere basito… insomma, sono stato letteralmente colpito e .. affondato!
Ovviamente, ecco il link del video in questione: Clicca qui
Da qui, la mia domanda a tutti voi ragazzi: quando, secondo voi, si entra nell’abuso del Viral Marketing? Fino a quando è giusta la regola del “Tutto purché se ne parli”?
Considerate un 
Viral-Exemple come questo, il parto di un genio oppure una pubblicità fuori luogo e non diretta?
Personalmente, ammiro a dismisura coloro i quali riescono a stimolare le corde del visitatore con meccanismi sempre originali e mai banali: questo per me rappresenta un fantastico modo per comunicare il lancio di un prodotto, ovviamente inerente alla campagna pubblicitaria, seppur in maniera trasversale.
Voi, cosa ne pensate?
Un “buon Viral” a tutti Voi!

mercoledì 18 novembre 2009

EVENTO "FACE TO FACEBOOK"

Vi segnalo un evento interessante proposto dall' università Iulm di Milano.
Il 27 novembre 2009 a Milano oltre 100 persone, tra studenti, amministratori delegati, manager delle principali realtà italiane, si riuniranno per rivelare, uno dopo l'altro, tutti i misteri che si celano nel cuore del più potente social network della rete.
Di seguito gli argomenti trattati:


1. come partendo da migliaia di persone raggiungerne migliaia
2. copiare bene è meglio che inventare male
3. come da un widget virale può nascere l'oro


Per costi ed iscrizioni: http://corsoseo.seolab.it/corsi/facebook.php 

lunedì 16 novembre 2009

AZIENDE "PEOPLE ORIENTED"

“Che ci piaccia o no, le Persone sono il punto di partenza per qualsivoglia strategia di comunicazione interna ed esterna. In loro e con loro possiamo cercare o costruire il nostro differenziale competitivo”.
Sebbene questa affermazione si trovi nelle prime pagine di tutti i manuali, in troppi casi le aziende se ne dimenticano e con il loro recidivo orientamento al prodotto e al profitto immediato si ritrovano impantanate in sabbie mobili molto pericolose. Ecco perché, sento l’esigenza di riscoprire ed argomentare questa vecchia teoria.
Inizio citando un neologismo molto interessante apparso tempo fa su alcuni forum: “consumer manager”. Beh, fantastico! Queste due parole esprimono la crescente importanza del dover capire “le persone”, cercare un dialogo con loro (Social Network docet) rendendo maggiormente flessibili i confini dei tradizionali cluster in cui le aziende hanno sempre cercato di rinchiuderle. Ritengo inoltre che l’inserimento in azienda di questa figura diventerà un passaggio obbligato per competere con successo nei nuovi mercati.
Continuo ponendovi una domanda: come fanno le aziende per diventare e restare grandi?
Se lo chiedete a loro vi risponderanno più o meno cosi: grandi investimenti in ricerca,  massima attenzione alla qualità, impianti di produzione all’avanguardia, una forte componente servizio, oculata gestione dei costi.
Bene, io dico che è tutto vero ma che forse manca il fattore più importante: nelle grandi aziende lavorano delle grandi persone. Il rilancio di Fiat, la favola Giovanni Rana, il mondo alla McDonald’s non nascono per caso ma sono il frutto del lavoro di un management intelligente composto da persone capaci di ascoltare il mercato e di educare i propri collaboratori cogliendo e valorizzandone i talenti.
Concludo dicendo che forse è giunto il momento di dare un peso specifico diverso al termine “risorse umane” senza ridursi necessariamente all’ equazione “dipendenti=costi fissi”. 
Michele Rinaldi

venerdì 13 novembre 2009

EASYJET PARLERA' DIALETTO!

Dal Sole 24 ore online del 12 Novembre 2009 un'interessante idea di Glocalmarketing pensata da Easyjet... DA NON PERDERE!


«Signore e Signure benvenute a tutte quante 'ncopp'a 'stu volo 'e l'easyJet». Ma anche «Sciuri e sciure, benvegn a bord de chel vul chi easyJet» o, ancora, «Sennoris et sennorasa. beni benius a custu bolu de easyJet». Potrebbero diventare così, cioè in dialetto, gli annunci di bordo nei voli in Italia della compagnia low cost inglese. Che, cavalcando la polemica sull'introduzione dei dialetti a scuola e nelle amministrazioni pubbliche, sta valutando di introdurre i dialetti della città di partenza e di destinazione negli annunci di bordo.
EasyJet fa sapere in un comunicato che, come «terzo vettore per quota di mercato nel trasporto passeggeri in Italia», sta prendendo «in seria considerazione la possibilità di 'sdoganare' e valorizzare i principali
 idiomi regionali introducendoli sulle tratte domestiche durante le istruzioni di sicurezza che vengono fornite prima del decollo. Così, ad esempio, sul collegamento tra Milano Malpensa e Napoli Capodichino l'italiano e l'inglese potrebbero in futuro essere affiancati dallumbard e dal napulitano, mentre a Cagliari ci sarebbe la versione in sardo».
«Il nostro interesse per l'uso dei dialetti a bordo nasce dalla volontà di essere sempre più vicini alla quotidianità dei nostri passeggeri e di dare loro un segno tangibile del fatto che sentiamo l'Italia come la nostra seconda casa»...



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giovedì 12 novembre 2009

GUERRILLA AI BRUFOLI

Clearex per il suo prodotto contro i brufoli ha deciso di “combatterli” in modo alternativo grazie alle affissioni alternative utilizzate per questa campagna di guerilla marketing in Israele.





Fonte:  WoMarketing 

mercoledì 11 novembre 2009

EMAIL MARKETING: 7 ERRORI DA EVITARE!


Di Roberto Grementieri su PMI.IT BLOG 

Quali sono gli errori da evitare quando ci si affida a campagne di Email Marketing per incrementare vendite o visibilità? Ecco i sette consigli tratti dal libro di Nazzareno Gorni e Marco Maglio“E-mail marketing. Strategie e tecniche efficaci per fare business”.
1. Non ottenere il consenso preventivo
Sembra scontato, eppurec’è ancora chi sbaglia: Inviare messaggi a utenti non iscritti volontariamente significa fare Spam. Non importa quanto interessante sia il contenuto del messaggio o la rilevanza ipotetica per il destinatario: si tratterà comunque di una 
pessima figura che non potrà che avere effetti negativi sureputazione, immagine, deliverability e ovviamente efficacia del messaggio.

2. Non effettuare test di invio
Gli errori più banali si possono evitare semplicemente dedicando 10 minuti in più nella 
prova di invio verso indirizzi test, meglio se verso altre persone. Per chi opera nel settore B2C è fortemente consigliato provare un invio verso i principali portali di posta (Hotmail, Gmail, Yahoo!, Virgilio…). Si raccomanda in particolare di provare i link, la presenza di immagini e gli errori di ortografia.
3. Sottovalutare l’oggetto e il mittente
La chiave del successo risiede in due elementi che spesso sono sottovalutati. La coppia oggetto/mittente infatti è determinante nella decisione dell’utente di 
aprireo meno il nostro messaggio. Bisogna prima essere riconosciuti dai destinatari e proporre un contenuto già interessante nell’oggetto. Ad esempio, presentandosi con una “Newsletter di Settembre” risulteremo meno efficaci che con “I 7 modi per inviare email”. Niente trucchi, però: lacoerenza tra oggetto e testo del messaggio è fondamentale se non si vuole perdere rapidamente la fiducia dei destinatari.
4. Gestire male le cancellazioni
Il messaggio finisce nello Spam? Non sempre la colpa è del sistema utilizzato per spedire la posta. Senza procedure di cancellazioni automatiche il rischio è che l’utente trovi più comodo altre strade: cliccare sul bottone “spam” o bloccare il mittente.
Queste azioni, se ripetute da più destinatari, possono compromettere in modo grave la reputazione del mittente, che improvvisamente vedrà i propri messaggi finire nella cartella della posta indesiderata, o peggio bloccati a monte dai server antispam.

5. Improvvisarsi grafici
Preparare un messaggio email non è come scrivere un documento word, e neppure come preparare una pagina html di un sito web. Vi sono alcune particolarità che possono condizionare fortemente il successo di una campagna.

a) Una grafica improvvisata viene subito riconosciuta dai destinatari più sensibili ed evoluti, oltre che rischiare deformazioni al limite dell’illeggibilità se consultata su un client di posta diverso da quello del mittente.
b) L’
impaginazione è fondamentale: non dare per scontato che il messaggio venga letto integralmente, che venga capito e che l’utente sappia di cosa stiamo parlando e cosa ci aspettiamo da lui.
c) L’eventuale 
azione richiesta deve essere ben evidente e spiegata, non associata ad immagini ma a testo.
6. Ignorare i report statistici
Non basta disporre di 
tool statistici evoluti, occorre anche avere la pazienza di leggerli, analizzarli, confrontarli per capire dove si può migliorare. Ogni indicatore ha significati importanti: il tasso di apertura è legato alla frequenza di invio, alla coppia oggetto/mittente e alla capacità di sviluppare nel tempo una relazione.
Il tasso di click (pesato sulle aperture) è invece un ottimo indicatore della qualità del messaggio e della nostra “call-to-action“, nonché della rilevanza del messaggio rispetto alla lista di destinazione.
Altri tassi come il tasso di email recapitate e di disiscrizione sono utili per capire la qualità della lista e delle nostre comunicazioni. Confrontando le variazioni nel tempo, di questi indicatori si possono anticipare criticità, profilare i destinatari, scoprire le frequenze migliori e monitorare la percentuale di utenti “attivi” su quelli che invece ignorano i nostri messaggi.
7. Inviare in modo artigianale
Senza un sistema di invio professionale, le probabilità di andare incontro a scarsi risultati si moltiplicano, per il semplice fatto che una percentuale del 50% circa dei destinatari in pratica non riceverà il messaggio.Un’analisi delle statistiche e dei messaggi di errore, oltre che ovviamente qualche test sui sistemi di posta e antispam più diffusi, non potrà che confermare questo fenomeno.

L’invio in copia nascosta (CCN) infatti, oltre ad essere estremamente macchinoso, lento, a rischio di errore, denota una scarsa serietà da parte del mittente, una scarsa attenzione da parte del destinatario che si vede recapitato un messaggio chiaramente “massivo” e non personalizzato, tipico tra l’altro degli spammer di prima generazione.
Senza opportuni accorgimenti tecnici (Spfopen relayDkimPtr inversoIP statico con buona reputazione, header ben formati, bilanciamento del carico, configurazioni particolari in base ai server di destinazione, feedback loop sottoscrittilist-unsubscribe header, gestione degli hard bounce) non si può pensare di riuscire a competere con i filtri antispam che ogni giorno sono più competitivi nell’arginare lo Spam.

martedì 10 novembre 2009

VIRAL APPLICATO ALL'AFFISSIONE

Un grande esempio di Viral applicato all'affissione!!!
Guardate cosa si sono inventati in America x lanciare True Blod, una serie TV sui vampiri!!!!!






venerdì 6 novembre 2009

I SOCIAL NETWORK NEL B2B


Vi posto alcune riflessioni decisamente interessanti sull'abuso dei Social Network da parte di aziende che forse vogliono fare il passo più lungo della gamba.
Le ultime tendenze del marketing online coinvolgono tools quali LinkedIn, Facebook, Twitter. Molti professionisti del marketing li vedono come la risposta alle loro preghiere; anche nel B2B. In effetti il potenziale è enorme, ecco perchè, ed ecco perchè è presto.
Facebook, il più diffuso in Italia, è un punto d’incontro principalmente per il tempo libero.
LinkedIn è una piattaforma professionale per sviluppare conoscenze e rapporti interessanti.
Twitter mi piace definirlo come una nube di idee: le persone-aziende emettono “tweets”, cioè esprimono opinioni, danno input, fanno proposte, condividono sensazioni; tutto in 140 caratteri, su tutti gli argomenti.
Ma nei panni di un’azienda industriale, vale la pena includere i social network nel marketing mix?  A mio avviso… si e no. LinkedIn assolutamente si, con un profilo a livello personale che, nella peggiore delle ipotesi, non farà danni.
Consiglio invece di procedere con cautela per quanto riguarda Facebook e Twitter; innanzitutto occorre fare attente valutazioni e porsi domande: “La mia azienda è veramente pronta? E il settore?” La mia esperienza mi suggerisce che, nelle migliore delle ipotesi, tante realtà industriali (PMI ma non solo) stanno ancora litigando con gli elementi base del marketing online.
Ma se senti tue le seguenti affermazioni, beh allora è già tempo di dare un’occasione ai social media:
• Il sito è il mio principale strumento di marketing
• Il sito mi procura un traffico sufficiente a supportare la mia attività
• La mia azienda è sulla prima pagina di Google per i termini di ricerca più importanti
• L’email marketing genera un buon traffico e mi porta clienti
• So qual è il mio ROI, cioè sono a conoscenza dei risultati ottenuti da ogni singolo euro investito in attività di marketing

Se invece nessuna di queste frasi fa parte della tua realtà, allora prima di passare ai social network è necessario investire nel sito, nel SEM, nel SEO, nell’email marketing e nel marketing analytics.
Twitter merita una riflessione ulteriore; la maggior parte dei professionisti del B2B presenti su Twitter non trova utenti dello stesso settore; ma con ogni probabilità moltissime PMI non tarderanno ad arrivare: perché? il potenziale è enorme, le persone parlano in continuazioni di prodotti e aziende, ora ne scrivono pubblicamente. Qui sta la differenza: nella conversazione scritta e pubblica puoi intervenire.

giovedì 5 novembre 2009

INDAGINI DI MERCATO E NUOVI PRODOTTI

Indagini di mercato per il lancio di nuovi prodotti 






Leggevo un articolo di Roberto Carminati e Carolina Parma su Economy: "Noi, i re dei TEST".
"In tempo di crisi è vietato sbagliare. Per questo le fasi che precedono il lancio di un nuovo prodotto sul mercato diventano sempre più strategiche per le aziende. Che ora coinvolgono i consumatori per provare prototipi, testare giochi e assaggiare snack..."
Mi è venuto un dubbio e ho trovato al tempo stesso delle conferme:
1. IL DUBBIO:
Ma siamo sicuri che il consumatore è considerato veramente un RE?
Perché fino a prova contraria in più di 12 anni di esperienza nella consulenza strategica, io di gente che fa sul serio da questo punto di vista ne ho vista ben poca.
Sia ben inteso di indagini ne ho seguite parecchie, ma, nonostante i miei sforzi per ottenere davvero dei risultati da questo punto di vista, mi son trovato spesso di fronte manager più preoccupati di trovare delle conferme alle proprie certezze che interessati a mettersi in discussione e ad IMPARARE dalle persone (ecco, a proposito, se sono RE veri, smettiamola di chiamarli consumatori...)
2. LA CONFERMA:
Fare e sbagliare costa un sacco di soldi in più di quelli necessari prima per pensare.
In tempi di crisi, in cui le certezze sembran cadere e l'ansia da prestazione la fa da padrone, le indagini di mercato, i focus group, le indagini sul campo e più correttamente lo studio delle persone vive una vera e propria esplosione...è l'occasione per capire che è meglio pensare e poi agire, anche per i più entusiasti
3. LA CERTEZZA:
Le indagini di mercato NON sono SOLO per i colossi del consumo, sono un passo obbligato per il lancio di tutti i prodotti e servizi, anche per quelli industriali.
Studiare come le persone risolvono i propri problemi, assolvono alle proprie esigenze è fondamentale se avete una buona idea da proporre, sia che il vostro prodotto sia un macchinario industriale che una soluzione finanziaria.
Serve a scoprire se la vostra idea sarà un vero e proprio business, serve a interpretare se e come va trasformata, NON serve solo a testare, cari signori, serve soprattutto ad imparare!
 
Ing. Simone Lovati,
Consulente in marketing strategico
Presidente e socio co-fondatore

FONTE: www.mymarketing.net 


mercoledì 4 novembre 2009

GUERRILLA CON LE MOSCHE


Arriva dalla Tedeschia la rivoluzione nel campo della pubblicità: per promuovere una casa editrice sono stati fatti trainare striscioni (striscini) pubblicitari da delle mosche liberate nell’ambiente circostante.



Proprio come si usa per la pubblicità aerea su di una spiaggia, i messaggi pubblicitari sono stati appiccicati con la cera al corpo degli insetti, i quali hanno provveduto inconsciamente a sponsorizzare la Eichborn di Francoforte.
Nessun danno agli animaletti: la cera si è sciolta ed il piccolo striscione si è staccato nel giro di qualche ora.


martedì 3 novembre 2009

MANIFESTO DEL DIRETTORE MARKETING - UPDATE

Come promesso nel mio post sul “marketing stuprato” e forte dei numerosi consensi, vorrei iniziare la stesura di un vero e proprio manifesto a difesa della funzione marketing. Questa è la traccia principale e sarà mia premura implementarla con le vostre riflessioni a riguardo affinché il manifesto sia sempre aggiornato e visibile a tutti.

Obiettivo di questo documento è sintetizzare per punti ciò che deve e non deve fare un direttore marketing all’interno di una qualsivoglia organizzazione. La speranza è che qualche imprenditore, prima o poi, ne prenda atto e agisca di conseguenza. Iniziamo.

  1. Il direttore marketing di un’azienda dovrebbe essere sempre considerato una figura chiave dell’impresa, il faro, la luce che guida R&D, vendite e comunicazione.

  2. Il direttore marketing deve essere lasciato libero di leggere, cercare, ascoltare e soprattutto Pensare.

  3. Il direttore marketing deve disporre di uno spiccato spirito di osservazione del target e deve avere tempo, pazienza e risorse per elaborare gli input raccolti.

  4. Il direttore marketing non deve aver paura di sbagliare, deve saper superare anche il proprio punto di vista e deve essere incentivato a formulare idee e proposte innovative e coraggiose.

  5. Il direttore marketing non deve venire “castrato” ogni qualvolta propone idee ed iniziative fuori dal modus operandi tradizionale.

  6. Il direttore marketing deve assolvere al proprio compito con gli occhi volti allo sviluppo, alla crescita, all'innovazione anzichè alla salvaguardia del proprio posto.

  7. Un bravo direttore marketing deve essere in grado di gestire ed ottimizzare al meglio le risorse che ha a disposizione.

  8. Il direttore marketing deve guidare la propria azienda nel delicato passaggio da “product” a “marketing” oriented.

  9. Per candidarsi al ruolo di direttore marketing non basta aver avuto a che fare una volta con la stesura di una lettera, bisogna possedere degli skills culturali e manageriali ben precisi.

  10.  Il direttore marketing deve ricercare un continuo e costruttivo dialogo con  i manager a capo delle diverse funzioni aziendali al fine di coinvolgere l’intera organizzazione nei propri progetti ed attività.

  11.  Il Direttore Marketing avra' qualcosa che nessuno sara' mai capace di capire o meglio di misurare, recintare , imprigionare : fantasia , creativita' , innovazione , genialita' , vedere oltre e prima di tanti, capire e percepire diversamente , e arrivare per primi su strade mai battute. E' un " sentire " diverso , una dote naturale , e lo "shining" di una professione che tutti credono di poter fare , come aprire un ombrello se piove , accontentandosi soltanto di ripararsi dall'acqua per non sciupare i vestiti. (inserito da Leo Magno)

  12.  Un buon direttore marketing deve saper "tirare" il carro ma anche avere l'umiltà e la forza di "spingerlo". Fino a che la definizione di uomini marketing sarà limitata all'aspetto più luccicante e di facciata del ns lavoro (la pubblicità/promozione) perderemo l'opportunità di attivare una nuova visione aziendale della funzione la cui materia prima non sono i budget ma le persone.(inserito da Daniele Testi

  13.  Il direttore marketing deve essere in grado di valutare gli impatti finanziari ed economici delle sue proposte e deve saper prevedere il ritorno dell'investimento (inserito da Massimiliano Hangler)

  14.  Il professionista del mktg deve raccogliere i dati e successivamente elaborare strategie realistiche e concrete (inserito da virtuosamente.wordpress.com)

  15.  Il direttore marketing deve essere professionale, imparziale, strategico (inserito da Mara Faravelli)

  16.  Il direttore marketing non conosce l'ansia ma la trasforma in adrenalina creativa che trasmette alle sue linee di riferimento (inserito da Mara Faravelli)

  17.  Il direttore marketing premia il merito e ama il rischio (inserito da Mara Faravelli)

  18.  Un DM deve saper leggere i cuori dei suoi clienti e anticipare i loro bisogni; in una parola deve avere capacità di insight. E deve tramutare la comprensione dei clienti in soluzioni che creino valore per loro e per l'azienda (inserito da Glauco Savorgnani)

  19.  Il DM deve far marketing nelle due direzioni e vendere le proprie idee e soluzioni all'azienda prima che al mercato. Deve essere il portavoce del cliente verso l'azienda, prima che il megafono dell'azienda verso il cliente (inserito da Glauco Savorgnani)